Questa informazione è importante perché capire quali cibi si possano trasformare in combustibile in modo efficace rende più facile riutilizzare i rifiuti nel luogo stesso in cui questi hanno origine: nei campi e nei supermercati. Ogni anno milioni di tonnellate di prodotti agricoli finiscono nella spazzatura: in Europa quasi la metà della frutta e della verdura viene persa già nell'azienda agricola o buttata dagli operatori, e in America la percentuale supera il 50%.
Prendiamo ad esempio un ortaggio tra i più amati: il pomodoro. Nel sud della Florida, dove in inverno si coltiva gran parte dei pomodori destinati alla costa orientale degli Stati Uniti, i campi di queste piante producono 396.000 tonnellate di rifiuti organici: soprattutto pomodori inadatti alla vendita. Questo surplus di ortaggi in via di decomposizione produce metano in discarica o generano problemi di trattamento delle acque reflue, se viene sversato in acqua.
I pomodori, però, sono ricchi di licopene, un potente antiossidante, che si è rivelato anche un buon mediatore per cariche elettriche. I ricercatori hanno messo a punto pile a combustibile microbiologico (microbial fuel cells, o MFC) a base di pomodoro, che funzionano sfruttando gli elettroni prodotti quando i batteri decompongono la materia organica, hanno grandi potenzialità come generatori di corrente. I primi studi hanno mostrato che con 10 milligrammi di rifiuti di pomodoro si può generare una potenza di 0,3 watt: molto poco, ma gli autori sono convinti che ulteriori ricerche porteranno a un incremento di diversi ordini di grandezza. In più, sostengono, i pomodori in decomposizione sono trasmettitori ancora migliori rispetto a quelli ancora commestibili, il che significa che non sarebbe necessario sacrificare pomodori destinati all'alimentazione.
Non sarà facile, ovviamente, realizzare questi progetti su larga scala, dice Namita Shresta, una delle ricercatrici che hanno lavorato al progetto: ad esempio, “elettrodi di grandi dimensioni potrebbero risultare meno efficienti di quelli da laboratorio”. Ma i benefici potrebbero essere notevoli. Lo scarto annuale di pomodori del sud della Florida, sostiene la studiosa, potrebbe per esempio alimentare Disney World per tre mesi.
Anche se soluzioni high-tech come le celle a combustibile stanno guadagnando terreno, anche soluzioni più "povere" potrebbero rivelarsi promettenti. Alcuni ricercatori stanno esplorando le potenzialità di un congegno finora confinato agli esperimenti scolastici: la pila alla patata. E hanno scoperto che la “Desiree”, la patata a polpa gialla e buccia rossa più diffusa nel mondo, se viene bollita, aumenta il suo potere di trasmissione di corrente fino a dieci volte.
Questo tipo di studi potrebbe rivelarsi particolarmente utile per le zone rurali dei paesi in via di sviluppo, dove spesso manca la rete di trasmissione elettrica, ma non certo i prodotti agricoli. Sempre più persone devono affidarsi a batterie di ogni tipo, e quelle basate sul tubero sembrerebbero concorrenziali: si calcola che con una pila a patate sarebbe possibile generare energia al costo di circa 9 dollari a chilowattora, contro i 68 di una batteria C e i 1.200 di una batteria al litio a patle reti elettriche in campagna possono essere rare, ma non lo è l'agricoltura. E mentre si diffondono sempre più apparecchi di ogni tipo alimentati a batteria, le patate offrono una fonte di corrente economica. La corrente prodotta da batterie a base di patate viene a costare intorno ai 9 dollari per chilowattora. I ricercatori non hanno ancora stabilito se le patate in decomposizione siano ancora più potenti, ma già il surplus annuale degli Stati Uniti – circa 1,3 milioni di tonnellate secondo il Dipartimento di Statistica dell'Agricoltura statunitense - sarebbe una potente fonte di energia.
fonte: http://www.nationalgeographic.it